martedì 13 novembre 2007

Vista la seconda, la prima repubblica è il paradiso

dal "Riformista" del 13 novembre 2007


Berlusconi insiste nel dire che se c’è crisi di governo spetta a lui dire cosa deve o non deve fare il presidente della Repubblica. L’uomo, evidentemente, non ha il senso del limite e nemmeno del ridicolo. Tratta questioni costituzionali con la stessa disinvoltura con cui racconta barzellette ai suoi ascoltatori che a turno si predispongono ad estasiarsi. Abbia pazienza, Cavaliere. Lei tra l’altro non è più il “capo dell’opposizione” come ama definirsi, anche perché le opposizioni sono più di una e tutte legittime. Un po’ meno quella fascisteggiante di Storace che la ha tanto entusiasmata e che lei ha aiutato. Ma neppure la maggioranza è una sola: non è più l’Unione, ma un insieme di partiti, di gruppi, gruppetti e persone. L’Italia, quindi non può reggere con questa maggioranza e questa opposizione. Il bipolarismo coatto non ha favorito la governabilità e ha premiato la frantumazione. Il fatto su cui ragionare oggi è l’iniziativa di Veltroni di riaprire in concreto un confronto sulla legge elettorale con una proposta nuova - la proporzionale senza premio - che trova consensi e dissensi nei due schieramenti. Anche questo conferma che le coalizioni sono disarticolate e che i vari gruppi hanno posizioni molto diverse non solo sul futuro della legislatura ma sulla riorganizzazione del sistema politico italiano. In questo quadro confuso, la proporzionale è lo strumento di “verifica” più onesto per riqualificare le forze politiche nel momento in cui tutte convocano “costituenti” per ridarsi una identità. Una verifica che va affidata al popolo. E non è vero che non si possono, prima delle elezioni, indicare alleanze, schieramenti e candidati alla presidenza del consiglio: basta volerlo. All’inizio degli anni Sessanta, quando si chiuse la stagione del centrismo, quella di centrosinistra fu annunciata con congressi e patti elettorali. Quando nel 1976 il centrosinistra esaurì il suo ciclo, Moro, De Martino e La Malfa lo annunciarono e i governi di solidarietà nazionale furono al centro di decisioni politiche pubbliche, così come la fine di quella stagione, col congresso della Dc vinto da Forlani; contestualmente nella stessa direzione si mosse Craxi. In quegli anni la durata dei governi spesso, non sempre, fu breve per la lotta politica all’interno dei partiti della coalizione. Come avviene anche oggi, col maggioritario. Se c’è la crisi, quindi, si faccia il possibile e il necessario per contemperare le esigenze di rappresentatività e di governabilità, con accorte modifiche costituzionali, già abbozzate alla Camera, e una legge elettorale che dia ai cittadini il diritto di scegliere, schieramento, partito e persona, negato con la “porcata”. Berlusconi dice che il presidente della Repubblica, qualora a questo governo venisse a mancare la fiducia, non potrebbe dare un incarico a un’altra persona perché il nome dell’attuale presidente del Consiglio sarebbe stato indicato nella scheda elettorale. Questo cancellerebbe il diritto-dovere del capo dello Stato - come è scritto nella Costituzione - di verificare se il Parlamento è in grado di esprimere un governo istituzionale per la riforma elettorale prima di scioglierlo? È una tesi assurda. Invece è necessario passare dagli annunci alle proposte concrete: Veltroni le metta nero su bianco e apra un reale confronto. Il professor Guzzetta leader dei referendari ha dichiarato che con la proposta di Veltroni «si ripropone all’Italia la Prima Repubblica». Non è augurabile, ma in ogni caso sarebbe un paradiso dopo avere sperimentato la cosiddetta Seconda Repubblica.
Emanuele Macaluso

Vista la seconda, la prima repubblica è il paradiso

dal "Riformista" del 13 novembre 2007


Berlusconi insiste nel dire che se c’è crisi di governo spetta a lui dire cosa deve o non deve fare il presidente della Repubblica. L’uomo, evidentemente, non ha il senso del limite e nemmeno del ridicolo. Tratta questioni costituzionali con la stessa disinvoltura con cui racconta barzellette ai suoi ascoltatori che a turno si predispongono ad estasiarsi. Abbia pazienza, Cavaliere. Lei tra l’altro non è più il “capo dell’opposizione” come ama definirsi, anche perché le opposizioni sono più di una e tutte legittime. Un po’ meno quella fascisteggiante di Storace che la ha tanto entusiasmata e che lei ha aiutato. Ma neppure la maggioranza è una sola: non è più l’Unione, ma un insieme di partiti, di gruppi, gruppetti e persone. L’Italia, quindi non può reggere con questa maggioranza e questa opposizione. Il bipolarismo coatto non ha favorito la governabilità e ha premiato la frantumazione. Il fatto su cui ragionare oggi è l’iniziativa di Veltroni di riaprire in concreto un confronto sulla legge elettorale con una proposta nuova - la proporzionale senza premio - che trova consensi e dissensi nei due schieramenti. Anche questo conferma che le coalizioni sono disarticolate e che i vari gruppi hanno posizioni molto diverse non solo sul futuro della legislatura ma sulla riorganizzazione del sistema politico italiano. In questo quadro confuso, la proporzionale è lo strumento di “verifica” più onesto per riqualificare le forze politiche nel momento in cui tutte convocano “costituenti” per ridarsi una identità. Una verifica che va affidata al popolo. E non è vero che non si possono, prima delle elezioni, indicare alleanze, schieramenti e candidati alla presidenza del consiglio: basta volerlo. All’inizio degli anni Sessanta, quando si chiuse la stagione del centrismo, quella di centrosinistra fu annunciata con congressi e patti elettorali. Quando nel 1976 il centrosinistra esaurì il suo ciclo, Moro, De Martino e La Malfa lo annunciarono e i governi di solidarietà nazionale furono al centro di decisioni politiche pubbliche, così come la fine di quella stagione, col congresso della Dc vinto da Forlani; contestualmente nella stessa direzione si mosse Craxi. In quegli anni la durata dei governi spesso, non sempre, fu breve per la lotta politica all’interno dei partiti della coalizione. Come avviene anche oggi, col maggioritario. Se c’è la crisi, quindi, si faccia il possibile e il necessario per contemperare le esigenze di rappresentatività e di governabilità, con accorte modifiche costituzionali, già abbozzate alla Camera, e una legge elettorale che dia ai cittadini il diritto di scegliere, schieramento, partito e persona, negato con la “porcata”. Berlusconi dice che il presidente della Repubblica, qualora a questo governo venisse a mancare la fiducia, non potrebbe dare un incarico a un’altra persona perché il nome dell’attuale presidente del Consiglio sarebbe stato indicato nella scheda elettorale. Questo cancellerebbe il diritto-dovere del capo dello Stato - come è scritto nella Costituzione - di verificare se il Parlamento è in grado di esprimere un governo istituzionale per la riforma elettorale prima di scioglierlo? È una tesi assurda. Invece è necessario passare dagli annunci alle proposte concrete: Veltroni le metta nero su bianco e apra un reale confronto. Il professor Guzzetta leader dei referendari ha dichiarato che con la proposta di Veltroni «si ripropone all’Italia la Prima Repubblica». Non è augurabile, ma in ogni caso sarebbe un paradiso dopo avere sperimentato la cosiddetta Seconda Repubblica.
Emanuele Macaluso

Vista la seconda, la prima repubblica è il paradiso

dal "Riformista" del 13 novembre 2007


Berlusconi insiste nel dire che se c’è crisi di governo spetta a lui dire cosa deve o non deve fare il presidente della Repubblica. L’uomo, evidentemente, non ha il senso del limite e nemmeno del ridicolo. Tratta questioni costituzionali con la stessa disinvoltura con cui racconta barzellette ai suoi ascoltatori che a turno si predispongono ad estasiarsi. Abbia pazienza, Cavaliere. Lei tra l’altro non è più il “capo dell’opposizione” come ama definirsi, anche perché le opposizioni sono più di una e tutte legittime. Un po’ meno quella fascisteggiante di Storace che la ha tanto entusiasmata e che lei ha aiutato. Ma neppure la maggioranza è una sola: non è più l’Unione, ma un insieme di partiti, di gruppi, gruppetti e persone. L’Italia, quindi non può reggere con questa maggioranza e questa opposizione. Il bipolarismo coatto non ha favorito la governabilità e ha premiato la frantumazione. Il fatto su cui ragionare oggi è l’iniziativa di Veltroni di riaprire in concreto un confronto sulla legge elettorale con una proposta nuova - la proporzionale senza premio - che trova consensi e dissensi nei due schieramenti. Anche questo conferma che le coalizioni sono disarticolate e che i vari gruppi hanno posizioni molto diverse non solo sul futuro della legislatura ma sulla riorganizzazione del sistema politico italiano. In questo quadro confuso, la proporzionale è lo strumento di “verifica” più onesto per riqualificare le forze politiche nel momento in cui tutte convocano “costituenti” per ridarsi una identità. Una verifica che va affidata al popolo. E non è vero che non si possono, prima delle elezioni, indicare alleanze, schieramenti e candidati alla presidenza del consiglio: basta volerlo. All’inizio degli anni Sessanta, quando si chiuse la stagione del centrismo, quella di centrosinistra fu annunciata con congressi e patti elettorali. Quando nel 1976 il centrosinistra esaurì il suo ciclo, Moro, De Martino e La Malfa lo annunciarono e i governi di solidarietà nazionale furono al centro di decisioni politiche pubbliche, così come la fine di quella stagione, col congresso della Dc vinto da Forlani; contestualmente nella stessa direzione si mosse Craxi. In quegli anni la durata dei governi spesso, non sempre, fu breve per la lotta politica all’interno dei partiti della coalizione. Come avviene anche oggi, col maggioritario. Se c’è la crisi, quindi, si faccia il possibile e il necessario per contemperare le esigenze di rappresentatività e di governabilità, con accorte modifiche costituzionali, già abbozzate alla Camera, e una legge elettorale che dia ai cittadini il diritto di scegliere, schieramento, partito e persona, negato con la “porcata”. Berlusconi dice che il presidente della Repubblica, qualora a questo governo venisse a mancare la fiducia, non potrebbe dare un incarico a un’altra persona perché il nome dell’attuale presidente del Consiglio sarebbe stato indicato nella scheda elettorale. Questo cancellerebbe il diritto-dovere del capo dello Stato - come è scritto nella Costituzione - di verificare se il Parlamento è in grado di esprimere un governo istituzionale per la riforma elettorale prima di scioglierlo? È una tesi assurda. Invece è necessario passare dagli annunci alle proposte concrete: Veltroni le metta nero su bianco e apra un reale confronto. Il professor Guzzetta leader dei referendari ha dichiarato che con la proposta di Veltroni «si ripropone all’Italia la Prima Repubblica». Non è augurabile, ma in ogni caso sarebbe un paradiso dopo avere sperimentato la cosiddetta Seconda Repubblica.
Emanuele Macaluso

La Destra a sangue caldo sotto il sorriso del Cav.

da "Il Foglio" del 13 novembre 2007

La milizia di Storace restaura e non rinnega. An? Un nostro alleato del Ppe

Roma. Nello scorso fine settimana la Destra di Francesco Storace ha deciso di nascere ufficialmente, con un grido identitario squillante e una quota di vecchia scaltrezza parlamentare. Il paesaggio politico non poteva ignorarlo, il ritorno d’immagine è stato superiore alle aspettative e molto ha influito la presenza di Silvio Berlusconi alla grande festa di fondazione. Del resto il gruppo di Storace conta tre senatori eletti in questa legislatura e in tempi di spallate ha un valore di mercato formidabile. Ci sono poi quattro deputati e due di loro si chiamano Daniela Santanchè, che già di suo fa status, e Teodoro Buontempo, presidente della Destra e antico core della Roma nera periferica (Ostia in particolare). Quindi l’europarlamentare siciliano Nello Musumeci, planato nella capitale con oltre mille seguaci al seguito, come un Totò Cuffaro senza l’alone dc. Infine i gruppi consiliari nelle regioni e negli enti locali (forti nel Lazio, dove Storace ha comandato per cinque difficili anni) affollati di finiani stufi e perfino di leghisti non più ostili all’Italia unita. Ma tutto ciò basta a spiegare, al tempo presente e con un occhio al futuro non remoto, la dimensione dell’iniziativa storaciana? Forse no. Il dato di realtà è che la Destra nasce dentro An e se ne distacca per attrito culturale, per non morire europopolari e sradicati. Se poi esiste un tratto fondante del nuovo partito è che cerca di stare al mondo senza complessi d’inferiorità e sensi di colpa antifascisti. Ce lo conferma il responsabile del programma, Alberto Arrighi, ex deputato finiano per conto del sociale Gianni Alemanno: “Il segnale migliore sta nel ritorno all’interesse attivo verso la politica da parte di moltissime persone di destra disilluse da Alleanza nazionale”. Una riserva sommersa di astensionisti. “E di militanti sopraggiunti in forma omogenea in tutto il paese, mentre noi credevamo di radicarci, almeno all’inizio, quasi soltanto a Roma e nel Lazio”. Adombrati i numeri della milizia, bisogna inevitabilmente ripartire dal trauma con An. Ad Arrighi piace la definizione di “animali a sangue caldo”, lì dove l’attributo di freddezza calcolatrice è spesso rivolto a Fini. “Esemplifica la volontà di rompere con la pratica finiana, con la convinzione perdente per la quale i post missini devono per forza andare avanti attraverso sottrazioni ideali, attraverso continue spoliazioni culturali. Noi non abbiamo nulla di cui vergognarci e molto da recuperare, attualizzandolo”. E “soprattutto – prosegue Arrighi – ci presentiamo senza nulla concedere alle edulcorazioni politicamente corrette, se diciamo che siamo incazzati è per sottolineare il concetto in modo inequivocabile”. La mistica comunitaria di Gentile Punto qualificante della Destra, oltre al buon rapporto col Cav. che è speculare a quello della rifondazione Dc di Gianfranco Rotondi, è l’italianità (pure quella della sinistra nazionale alla Beppe Niccolai) combinata con un occidentalismo che teorizza la centralità della religione nella sua funzione pubblica. Con una venatura clericale. “Più cattolica che cristiana, nel senso evocato da Giovanni Gentile”. La mistica comunitaria del filosofo mussoliniano non esclude altri pensatori emarginati da An. Sul sito del gruppo c’è una segnalazione della “Rivolta contro il moderno” di Julius Evola. Arrighi: “Sì gli evoliani ci sono, e noi proponiamo alla politica un modo diverso d’intendere la modernità”. Non basta prendere Fini, con la sua fondazione intitolata Farefuturo, e capovolgere il tutto? L’obiettivo è più ambizioso. “Vorrei fosse una delle ultime volte che, per autodefinirci, dobbiamo utilizzare An come unità di misura”. Se e quanto la Destra potrà far male a Fini, o se piuttosto non finirà per assomigliare a un’An più piccola e rustica ma senza Fini, lo dimostrerà il primo esame elettorale. Intanto si nota come i “berlusconiani” di An, da Maurizio Gasparri a Ignazio La Russa, pur non dicendo cose diverse da Storace stiano corazzando la propria fedeltà a Fini. Ma per la Destra non è un problema. “Storace l’ha detto: An sarà uno dei nostri alleati non identitari del Partito popolare europeo, come Forza Italia”.

Hina, 30 anni al padre e ai due cognati

da "Corriere" del 13 novembre 2007
Due anni e 8 mesi allo zio per "soppressione" di cadavere. Risarcito il fidanzato della vittima

BRESCIA - Trent'anni di reclusione per il padre di Hina Saleem e per i due cognati della ragazza pakistana. Due anni e 8 mesi allo zio. Questa la sentenza pronunciata per l'uccisione della giovane sgozzata a Sarezzo, nel Bresciano, l'11 agosto 2006 dai suoi familiari perchè voleva vivere all'occidentale. Alla lettura della sentenza la madre di Hina ha dato in escandescenze gridando «me lo ammazzano». Quindi è stata fatta allontanare dall'aula.
ACCOLTE LE RICHIESTE DEL PM - Il Gup del Tribunale di Brescia ha così accolto le richieste del Pm Paolo Guidi. È stato anche deciso di tenere in isolamento Khalid, uno dei due cognati, perchè in carcere avrebbe aggredito il padre di Hina.
LA MADRE IN OSPEDALE - Un'ambulanza del 118 è arrivata in Tribunale a Brescia per soccorrere la madre di Hina. La donna poco dopo la lettura della sentenza è uscita dall'aula iniziando a urlare frasi in pakistano e in un italiano sconnesso. In forte stato di alterazione nervosa, la donna è stata caricata sull'autoambulanza e portata in ospedale.
FIDANZATO RISARCITO - La sentenza ha assegnato 20mila euro a Giuseppe Tempini, il fidanzato della vittima. Soldi che il ragazzo darà in beneficenza. Il gup del tribunale di Brescia ha inoltre confermato, nel processo con rito abbreviato celebrato a porte chiuse, le richieste del pm: 30 anni per il padre e i due cognati di Hina e due anni e otto mesi per lo zio. Il giudice nella sentenza ha riqualificato, inoltre, il reato di occultamento di cadavere in quello di soppressione di cadavere. «Una sentenza attesa - spiega Alberto Bordone avvocato del padre di Hina -. Attendo le motivazioni che dovranno essere depositate entro il 20 gennaio prossimo, poi penseremo al ricorso in appello».

Finanziaria, maggioranza battuta

da "Corriere" del 13 novembre 2007

Passa con 9 voti di scarto un emendamento di An sull'aumento dei fondi per l'Università. Prodi «fiducioso»



ROMA - Governo e maggioranza battuti in senato su un emendamento del senatore di An, Giuseppe Valditara, all'articolo 52 della Finanziaria sull'istituzione di un fondo di 550 milioni per incrementare il finanziamento delle università. L'emendamento, approvato con 161 sì, 152 no e 3 astenuti, puntava ad aumentare di 40 milioni il fondo per aumentare l'assegno di dottorato di ricerca.
LA PRIMA VOLTA - È la prima volta che il centrosinistra va sotto da quando è iniziato l'esame della manovra. Con la Cdl, su questo specifico emendamento, hanno votato anche i senatori dell'Ulivo, Lamberto Dini e Giuseppe Scalera, e quello del gruppo Misto (ex An ed ex Margheria), Domenico Fisichella. Proprio Dini e Fisichella sono considerati due dei parlamentari che potrebbero passare nelle fila del centrodestra e su cui il leader dell'opposizione, Silvio Berlusconi, conta per poter far venire meno il sostegno all'esecutivo (che al Senato conta di un solo voto di vantaggio, oltre ai senatori a vita) e arrivare così alle dimissioni di Prodi.
LE ALTRE DEFEZIONI - Con la Cdl non hanno però votato soltanto gli esponenti dell'area liberale dell'Unione, ma anche due senatori provenienti dalle fila di Rifondazione e ora indipendenti, i «ribelli» Fernando Rossi e Franco Turigliatto, che già in passato avevano preso le distanze dalla linea ufficiale dell'Unione. Si sono invece astenuti i tre senatori socialisti (Angius, Barbieri e Montalbano), mentre Manzione sembra non abbia proprio preso parte al voto.
«MANI LIBERE» - Lamberto Dini ha rivendicato la propria decisione spiegando di non ritenersi vincolato alla posizione ufficiale del centrosinistra. «Mani libere? Continuerò ad averle sempre, ora e dopo», ha detto ai cronisti presenti a Palazzo Madama dopo il voto che ha mandato sotto la maggioranza. Eq uesto, ha spiegato, perché «non siamo nel Pd e non abbiamo nessun vincolo di mandato». «Nodi critici» per l'ex premier rimangono. Non li elenca, ma spiega che grazie ai liberaldemocratici «si stanno facendo dei passi avanti», come sui precari. E aggiunge: «Cerchiamo di limitare i danni e puntiamo a evitare ogni aumento di spesa in generale».
PRODI «FIDUCIOSO» - «Abbiamo preparato tutto bene, per domani sono fiducioso» ha detto il premier Romano Prodi in merito all'esame della legge finanziaria al Senato. Sull'emendamento che ha visto il governo battuto aggiunge: «Non mi sembra un elemento straordinario». «Si è verificato tantissime volte - ha aggiunto il presidente del Consiglio -, anche quando c'erano maggioranze enormi in Parlamento». Insomma, chiude Prodi, «è il voto finale che è importante». Dal premier anche un accenno alla crescita. «Penso non sarà certo nelle percentuali che si desidererebbero ma tendiamo, vedrete, a non essere lontani dal 2% o qualcosa appena sotto al 2%» ha detto Prodi.
NESSUNO SCOSSONE - E lo «scivolone» viene minimizzato anche da altri esponenti del governo, dove si spiega che quello che è accaduto non comporta alcun «significato politico». «Nessun significato politico - puntualizza Giampaolo D'Andrea, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento - vista la composizione di coloro che hanno votato a favore. Anche se c'è stato il soccorso di alcuni esponenti della maggioranza, poi però la maggioranza ha votato tutto l'articolo così emendato. Significa che l'emendamento in questione non è alternativo al testo». Per D'Andrea, però, possono esserci problemi di copertura.
«COME SARKOZY E ZAPATERO» - Soddisfatto invece lo stesso Giuseppe Valditara, autore dell'emendamento sui fondi all'Università: «È una grande vittoria per l'Università italiana. Si premia il merito, si privilegia la qualità dei giovani che si impegnano nella ricerca, finora dimenticata e vituperata dal governo di centrosinistra, che oggi siamo riusciti a battere nell'Aula del Senato». «Si tratta - aggiunge il senatore di An - di una misura già adottata in Francia da Sarkozy e da Zapatero in Spagna e che il nostro governo invece voleva rinviare derubricandola con un semplice ordine del giorno che, come sappiamo, non vale nulla. Ringraziamo quei senatori della maggioranza che hanno accolto con convinzione la nostra proposta che rappresenta un segnale forte per il futuro».

lunedì 12 novembre 2007

Agente spara, muore tifoso della LazioIl

da "La Stampa" del 11 novembre 2007

Questore: "E' stato un tragico errore". Gabriele Sandri, dj romano: è stato ucciso in un'area di servizio nei pressi di Arezzo

Gabriele Sandri colpito in un'area di sosta nei pressi di Arezzo. Rinviate Inter-Lazio e Roma e Cagliari. Sospesaper scontri la partita Atalanta-Milan
AREZZOUn ragazzo di 26 anni, Gabriele Sandri, è morto dopo uno scontro tra tifosi in un'area di servizio lungo l'A1, nel territorio di Arezzo. Il giovane è stato colpito da un colpo d'arma da fuoco esploso da un poliziotto. La vittima è un tifoso laziale. Il giovane è stato raggiunto da un colpo di pistola nell'area di servizio di Badia al Pino, dove si sono scontrati ultras della Lazio, diretti a Milano, e tifosi della Juventus in viaggio verso Parma.La vittima, un dj romanoGabriele Sandri era un noto dj della capitale e e amico di alcuni giocatori biancocelesti. Si stava recando a Milano insieme a tre amici per assistere alla partita della Lazio con l'Inter. Il giovane, oltre a fare il dj, aveva anche un negozio di abbigliamento a Roma. Sandri era un abbonato alla Lazio e che seguiva la squadra in tutte le trasferte. I suoi amici dicono che non era un supporter accanito e che non seguiva più da un pò di tempo le tifoserie. Sul suo blog lo ricordano come «un tifoso ma non un violento».La dinamica dei fattiA sparare è stato un agente della Polstrada, intervenuta per sedare la rissa tra i tifosi biancocelesti e juventini. L'agente ha una trentina di anni e diversi anni di esperienza in polizia. Da una prima ricostruzione sembrerebbe che l'agente era in auto con un collega nella corsia opposta a quella dove si trova l'autogrill. Accortisi della rissa, i poliziotti avrebbero fermato la macchina e attraversato l'autostrada. L'agente, sempre secondo quanto è stato possibile apprendere, avrebbe sparato due colpi, da una lunga distanza, uno dei quali avrebbe colpito il tifoso della Lazio. L'avvocato: «Colpito al collo mentre era in auto» Simile la ricostruzione dell'avvocato. Secondo il legale Gabriele Sandri sarebbe stato colpito nella parte posteriore del collo, mentre si trovava in auto. L'avvocato Luigi Conti, arrivato alla caserma della polizia stradale di Arezzo, si è qualificato come un amico della famiglia della vittima. Sempre secondo quanto spiegato, il proiettile sarebbe entrato nella vettura, una Megane, infrangendo il lunotto posteriore sinistro. L'auto, dopo l'accaduto è stata portata alla caserma della polizia stradale di Arezzo, con all'interno la salma. Il corpo di Sandri è stato poi rimosso intorno alle 13.30. La rabbia dei tifosi: «Assassini»Un gruppo di circa quindici tifosi della Lazio si è poi recato davanti alla caserma della polstrada di Arezzo, dove si trovano gli investigatori che indagano sulla morte di Gabriele e dove c'è anche il fratello della vittima. Gli ultras hanno urlato «Assassini, assassini» nei confronti della polizia. Il grido è partito quando davanti all'ingresso della caserma è arrivata una camionetta della polizia seguita da un carro attrezzi. I tifosi laziali, che non fanno parte del gruppo che si trovava con Sandri quando il giovane è stato colpito nell'area di servizio di Badia al Pino, sono arrivati ad Arezzo da Roma dopo aver saputo della morte del giovane.Il questore: «Un tragico errore» «E' stato un tragico errore», ha detto il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe in riferimento alla morte del giovane avvenuta nell'area di servizio di Badia al Pino: «Il nostro agente era intervenuto per evitare che i tafferugli tra due esigui gruppi di persone, che non erano stati individuati come tifosi, degenerassero con gravi conseguenze per entrambi. Esprimo profondo dolore e sincere condoglianze alla famiglia della vittima».Oggi l'autopsia, si cerca ancora il bossoloin programma oggi pomeriggio ad Arezzo l’autopsia sulla salma di Gabriele Sandri, il 28enne tifoso laziale ucciso ieri mattina da un proiettile, nell’area di servizio dell’A1 Badia al Pino (Ar). Ieri pomeriggio il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe ha confermato che un agente della Polizia Stradale di Battifolle ha esploso due colpi di pistola in aria a scopo intimidatorio, per sedare una rissa tra tifosi laziali e juventini nell’area di servizio, e ha confermato che Gabriele Sandri è stato ucciso da un proiettile, ma non ha messo ufficilamente in relazione i due fatti. L’autorità giudiziaria ha nominato un perito balistico e un medico legale per gli accertamenti di rispettiva competenza. La vicenda deve essere ancora ricostruita. Il bossolo che ha ucciso il tifoso laziale non è stato ancora trovato. Secondo alcuni supporter biancocelesti che hanno assistito alla scena, a esplodere il colpo sarebbe stato l’agente, che ha sparato alla macchina dall’area di servizio opposta a quella in cui si trovava la Renault Megane Scenic dove viaggiavano la vittima e i suoi cinque amici. L’agente coinvolto e i quattro amici di Gabriele Sandri sono stati ascoltati ieri dal pm di Arezzo Giuseppe Ledda, che conduce le indagini.